Quando il piacere diventa trappola

Il 1° ottobre presso la sala polifunzionale di Vicosoprano Vita Bregaglia ha organizzato una serata aperta a tutti.
08.10.2025
3 min
Una presentazione in aula con un pubblico numeroso. Sullo schermo è visibile una diapositiva con del testo. Le persone sono sedute su sedie in legno, attentamente rivolte verso il relatore.

Lucia Nusser, responsabile assieme a Patrick Giovanoli dell’organizzazione del gruppo di lavoro per la promozione e la prevenzione della salute, ha introdotto il tema della serata e le due relatrici: la psicoterapeuta Camilla Fagetti e la dottoressa Maria Magnini, primario del Centro sanitario Bregaglia.

Al di là delle spiegazioni sul circuito della gratificazione e sulla dopamina, positivamente attivi nel cervello di ciascuno e analogamente coinvolti in situazioni di dipendenza, le due donne, in maniera chiara e con esempi divertenti, hanno coinvolto il pubblico che riempiva la sala.

Il tema era molto ampio ed è stato sottolineato che dipendenti si può diventare di sostanze, di abitudini o di atteggiamenti; di qualsiasi situazione o sostanza che non viene più cercata per il gusto in sé, ma per la sensazione di benessere, o di approvazione sociale che provoca. Il discorso si è soffermato sullo stigma che ruota attorno al soggetto con dipendenza e sulle condizioni che sono terreno fertile per diventare dipendenti.

La serata è stata pensata per tutti; sentita come urgente nonostante la delicatezza del tema: è difficile parlare di dipendenze, o abusi, perché sono molto presenti nella società contemporanea e gli atteggiamenti coi quali vengono affrontati sono storicamente la minimizzazione o la condanna.

Tra le condizioni che prestano il fianco ad una rapida dipendenza c'è la fase adolescenziale; non per mollezza di volontà, o sciocchezza, ma per la scarsa presenza di dopamina e per il momento, già pieno di trasformazioni fisiche, comportamentali ed emotive. Sintetizzando le dettagliate spiegazioni mediche e psicologiche, i ragazzi hanno un maggior bisogno di avventura, di novità, di extra-ordinario per ottenere una soddisfazione che difficilmente provano per delle gioie alla portata di mano. La straordinaria bellezza della natura, il calore umano derivante dalla vita comunitaria o familiare, l'elevazione tramite sport, musica, abilità manuali, la lettura hanno poco fascino. Più facilmente fanno presa azioni che prevedono in più la disapprovazione degli educatori e il riconoscimento da parte dei pari per aver compiuto gesti coraggiosi. Al quadro si aggiunga che nel cervello di un'adolescente c'è uno squilibrio tra l'impulsività e le aree deputate all'organizzazione e alla pianificazione del comportamento.

E difficile per loro attivare il sistema di evitamento del pericolo o del danno, ciò non significa che la dipendenza riguardi solo loro, ma chiaramente è maggiore il rischio.

Da una parte la dottoressa e la psicoterapeuta si appellano a tutti per prevenire un rischio di lesioni permanenti alla struttura cerebrale, danni irreversibili sui processi comportamentali, sull'alfabeto emotivo per una vita soddisfacente e gestibile con gli strumenti da apprendere strada facendo. Dall'altra però c’è l’invito a capire la differenza tra una scelta di svago, un momentaneo abbandono, una pausa giocosa e la dipendenza: solo nel secondo caso si è persa la capacità di scegliere liberamente; solo nel secondo caso si rinuncia al tempo concessoci per isolarci in un vortice di bisogno sempre maggiore di una sostanza o di un'abitudine. Solo nel secondo caso ne soffriremo l'assenza, mancherà la capacità di farne a meno e la ricercheremo, nonostante il senso di colpa e nonostante la consapevolezza che non ci fa del bene.

In attesa di serate dedicate più approfonditamente a ciascuna dipendenza e di strategie comunicative efficaci per ciascuno, rimane la provocazione: gli adulti cosa trasmettono ai ragazzi? Messaggi spesso contraddittori, vittime noi per primi di atteggiamenti borderline, ad un passo dalla dipendenza.

Provare per credere, con i “dopamine addiction quiz” da fare in rete.