La Stria posta in confronto alle ricerche di Jennifer Novick

“Anna Coretti e il Grembiule di Anin”. Quanto è realistico il processo di Anin narrato nella tragicommedia La Stria?
10.09.2025
4 min
Due donne sorridenti si abbracciano in un ambiente accogliente. Una ha i capelli grigi e indossa una camicia chiara, mentre l'altra ha capelli castani e indossa una felpa viola. Sullo sfondo si intravede un quadro sulla parete.

Venerdi 5 settembre nel salone del ristorante La Soglina a Soglio si è tenuta una conferenza di Jennifer Novick organizzata dalla Società Storica di Bregaglia e inserita nell’ampio programma La Stria. La conferenza di Jennifer Novick appassionata genealogista residente a Soglio, ma dalle origini americane, ha avuto come titolo  Jennifer Novick grazie alle sue scrupolose ricerche d’archivio ha riportato quanto effettivamente accaduto nel 1654 al processo per stregoneria di Anna Coretti e degli accusati e giustiziati di quegli anni, e alla fine ha offerto un confronto su quanto effettivamente sia plausibile l’opera La Stria di Giovanni Andrea Maurizio.

A dare il benvenuto alla relatrice e ai tanti presenti è stata Elena Giacometti in rappresentanza della Società Storica, la quale ha ricordato come le storie di questi uomini e donne del diciassettesimo secolo siano storie che interessano direttamente molti dei presenti in sala.

Al centro della conferenza della Novick è stato un processo di stregoneria avvenuto in Bregaglia 1654 nei confronti di Anna Coretti che è stata processata insieme alla sorella Giannina. Di questo processo è presente negli archivi una documentazione completa, con un verbale che inizia con l’arresto e finisce con la sentenza. Processo rappresentativo per tutti i processi del periodo per stregoneria. La presentazione ha descritto nel dettaglio i luoghi e i protagonisti di questi processi e la loro modalità di esecuzione, le caratteristiche delle persone processate e i motivi per cui finivano accusati. Processi che prevedevano la tortura sul curlo. Si legavano entrambe le mani ad una corda che poi veniva tirata verso l’alto provocando un forte dolore, questa tortura avveniva all’interno della torre nel pretorio di Vicosoprano. Le persone che presiedevano erano il giudice che era il podestà, i giurati e poi due decani uno di sopra porta e uno di sotto porta che avevano il compito di arrestare l’accusato e di applicare la tortura. Poi c’era l’esperto in bolli, bolli che il diavolo avrebbe dovuto lasciare nella pelle degli indagati e poi infine c’era il boia che veniva da Coira.

I processi portavano quasi sempre ad una sentenza di colpevolezza con la condanna di essere bruciati, veniva sempre chiesta grazia e questa veniva sempre concessa e la sentenza cambiava nella decapitazione per poi essere inceneriti nel fuoco e poi le ceneri buttate nel fiume Mera. Ogni dettaglio è stato descritto dalla Novick approfonditamente sia le cause per essere accusate di stregoneria che erano malefici verso animali o persone, lo scatenare tempeste e la partecipazione a barlotti (incontri tra le streghe e il diavolo). Per essere accusati si necessitava dell’accusa di altre due persone accusate di stregoneria, accusa che veniva estorta sotto tortura e questo fece si che le accuse spesso erano all’interno della stessa cerchia familiare. La Novick ha attraverso schemi spiegato i legami sia familiari che di accusa tra i vari stregoni e streghe condannati tra l’aprile e l’ottobre del 1654. Per finire la conferenza Novick ha fatto un esame del processo ad Anin in La Stria qui appaiono molte cose che non possono essere reali come il capo d’accusa, trovano un pezzo del grembiule dove due vitelli sono stati legati con una catena molto stretta, cosa che in Bregaglia non veniva mai fatta dalle streghe e in più non era possibile processare qualcuno solo con un indizio senza avere l’accusa di altre due streghe. Peró un pezzo di grembiule fu usato per accusare la nipote di Anna Coretti che è famosa per essere l’incendiaria di Soglio che è stata trovata grazie ad un pezzo del suo grembiule trovato nell’ultima stalla che incendiò. Anche il fatto che Anin non ha mai dato il nome di altri come detto nell’opera è una cosa non possibile. Cosa che rispecchia la realtà è che Tumè si veste da parroco per vedere Anin e questo era possibile nella realtà come anche la lettura in piazza del riassunto del processo.