Autorialità e (ri)traduzione dei classici

La Casa dei traduttori Looren festeggia vent'anni e giunge al ventiduesimo appuntamento con il “laboratorio italiano” a villa Garbald, partner fin dagli esordi.
14.11.2025
3 min
Tre donne in un ambiente di lavoro, con un grande schermo dietro di loro che mostra un poster. Due donne sono in piedi mentre una sta illustrando qualcosa. Una ha una giacca grigia e l'altra indossa una sciarpa colorata. Una terza donna osserva,

Il 7 novembre, in collaborazione con la Pgi, intende omaggiare Margherita Botto che fu presente il primo anno trattando la traduzione del giallo.
Anna Rusconi, a nome di tutta la Casa dei traduttori si rallegra di poter ricordare la traduttrice a due anni dalla sua scomparsa e ricorda il suo lascito che contribuisce ad offrire incontri di qualità e conferenze per studiosi e amatori della lingua italiana da qualsiasi altra lingua di partenza e verso queste.

Adriana Orlandi, docente di linguistica e di traduzione, sente la grande responsabilità di raccontare Margherita Botto e il suo lavoro. È molto felice di farlo per la stima che ha sempre nutrito per lei, in veste di allieva e di lettrice; elenca la sua vasta cultura per quanto riguarda la letteratura francese, la storia del costume e gli autori che permettevano alla traduttrice una conoscenza approfondita di ciò che si accingeva a tradurre. Fin quando ha insegnato Margherita Botto ha tradotto perlopiù saggistica; dal pensionamento la sua attività è incrementata enormemente conducendo ad almeno 131 traduzioni, sempre più di letteratura.

La sua allieva di allora, nel frattempo diventata docente di linguistica prima e in seguito anche di traduzioni, mostra al pubblico e ai traduttori riuniti a villa Garibaldi alcuni modi di tradurre un classico. Dovendo contenere in un'ora tutto ciò che vorrebbe dire, sceglie tre libri, due dei quali tradotti sia da Margherita che da altri: Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas e La Certosa di Parma di Stendhal. Si capisce la passione, l'onestà e lo sforzo di mimetizzazione con l'autore che la traduttrice metteva in campo rispetto al lavoro svolto sugli stessi testi da altri colleghi: dove possibile, Margherita Botto ha rispettato e mantenuto lo stile e la musicalità o la fuga dallo stile e dalla musicalità, come nelle originarie intenzioni dello scrittore.

Adriana Orlandi, di cui si evince la medesima competenza e passione della sua insegnante, apre meravigliosi sipari in cui regnano apocopi e catacresi, parole macedonia e Lacan, coi suoi significati e i significanti, lasciando il pubblico a bocca aperta, sognando la medesima disinvoltura e cultura. È assolutamente propensa alla ricerca e anche in questo somiglia alla sua insegnante, che utilizzava nella traduzione le soluzioni trovate con i suoi studenti.

Interessante notare il diverso approccio possibile con un testo di letteratura e la totale adesione alla terminologia necessaria invece nel caso di un saggio, come quello scritto da Todorov: I generi del discorso. Essendo Dumas pagato per ogni riga che scriveva ed essendo il testo uscito a puntate, Il Conte di Montecristo presenta una serie di ripetizioni e richiami funzionali che Margherita Botto sceglie di limare e snellire affinché il lettore possa goderne maggiormente. Di fronte ai classici la traduttrice si poneva senza confrontarsi coi precedenti traduttori, cercando da sé la soluzione più fedele al testo, anche quando l'erudizione e la fantasia avrebbero potuto suggerire termini più attraenti per il lettore.

La conferenza sarà stata di grande ispirazione per le partecipanti di questa edizione di Laboratorio italiano, tenutosi tra il 4 e l’11 novembre, sulla traduzione dei classici.