A Berna si parla poco italiano – e a Coira ancora meno

Lingua e identità. A Berna si parla poco italiano e a Coira lo si parla ancora meno. Una responsabilità che nessuno assume.
12.10.2025
4 min
Statua di Dante Alighieri con corona di alloro, caratterizzata da un'espressione seria e dettagliata, posizionata su uno sfondo chiaro.

«A Berna si parla poco italiano», scriveva il Corriere del Ticino l’8 settembre. Una constatazione di vecchia data, che purtroppo non ha perso nulla della sua attualità: la terza lingua nazionale è, nel Palazzo federale, al massimo un ornamento. Ma diciamolo chiaramente: anche il Canton Grigioni, l’unico cantone con una significativa minoranza italofona, non fa di meglio. Le autorità cantonali grigionesi amano presentarsi come multilingui, ma quando si passa ai fatti, l’italiano resta la solita nota marginale.

l mandato Censi – annacquato e probabilmente senza conseguenze
Il cosiddetto “mandato Censi”, relativo all’attuazione della politica linguistica cantonale e che sarà discusso nella prossima sessione, mirava a rafforzare la presenza dell’italiano nell’amministrazione. Le autorità cantonali hanno nel frattempo risposto – con frasi fatte, rimandi e promesse vaghe. Chi legge la loro presa di posizione percepisce soprattutto una cosa: la volontà di cambiare il meno possibile. Le chiare raccomandazioni di una valutazione del Centro per la democrazia di Aarau vengono sì accolte, ma subito relativizzate. In essa si legge chiaramente: «La lingua italiana è istituzionalmente sottorappresentata nel Cantone, il che può portare, a lungo termine, a una perdita d’identità e di rilevanza». Questo avvertimento è scritto nero su bianco – ma le autorità cantonali restano inamovibili.

Il programma delle autorità cantonali – Multilinguismo solo sulla carta
Il programma delle autorità cantonali 2025–2028 contiene 88 misure. Nulla da eccepire, senonché cosa rimane per l’italiano? Chi guarda da vicino se ne accorge: mentre il romancio viene fortemente promosso – e giustamente –, l’italiano resta nell’ombra. Il plurilinguismo viene celebrato, ma nella pratica significa spesso solo tedesco e romancio. L’italiano è tollerato, non vissuto.

Chi comanda non parla italiano
La domanda decisiva è: quante persone in posizioni dirigenziali dell’amministrazione cantonale provengono dalle regioni italofone dei Grigioni – dal Moesano, dalla Valposchiavo, dalla Bregaglia? Le autorità cantonali non forniscono cifre al riguardo. Ma chi conosce la realtà amministrativa lo intuisce: sono pochissime, in molti dipartimenti addirittura nessuna.

Così emerge tutta la sproporzione: se ai tavoli decisionali non siede quasi nessuno che parli italiano, la lingua resta invisibile. Studi, mandati, strategie – tutto rimane carta straccia finché la realtà ai vertici resta diversa. Sarebbe ora che Parlamento, media e opinione pubblica chiedessero con forza questi dati. Solo così si può capire se la tanto proclamata adesione al plurilinguismo sia qualcosa di più di una dichiarazione di facciata.

Dov’è la voce della PGI?
Ma anche la società civile ha le sue responsabilità. La Pro Grigioni Italiano (PGI) si considera tradizionalmente l’avvocata della lingua e della cultura italiana. Il suo ruolo dovrebbe essere quello di criticare apertamente e con forza le istituzioni quando le leggi e i mandati costituzionali non vengono rispettati – che si tratti di Berna o di Coira. Negli ultimi anni, però, questa voce si è fatta più debole. Le critiche della PGI appaiono più caute, più moderate, quasi addomesticate.

Si percepisce che l’attitudine combattiva di un tempo, la necessaria incisività e la pressione sulle autorità si sono affievolite. Così la minoranza italofona perde non solo sostegno politico, ma anche un importante strumento di controllo. Perché senza una società civile vigile, la difesa della lingua resta nelle mani delle istituzioni – che finora hanno mostrato scarso interesse a muoversi.

Una responsabilità che nessuno assume
Eppure i Grigioni hanno una responsabilità particolare. Se già a Berna l’italiano è invisibile, le autorità di Coira dovrebbero agire con tanto più decisione. Invece, esitano a fare passi chiari, forse per timore di “rompere gli equilibri”. Ma di fatto ciò che si disturba davvero sono i diritti e l’identità della popolazione italofona.

Conclusione
Il bilancio è deludente: «A Berna si parla poco italiano» – e a Coira pure. Le autorità cantonali hanno perso l’occasione di dare un segnale forte. Chi vuole prendere sul serio l’italiano non ha bisogno di buone intenzioni, ma di decisioni coraggiose: quote vincolanti, promozione mirata, presenza visibile.

E serve una società civile critica, che non taccia ma eserciti pressione. Tutto il resto è immobilismo – e l’immobilismo, si sa, è un passo indietro.