Pubblicato il 7 ottobre 2025 sulla Südostschweiz.
Il 25 settembre si è svolta per la settima volta la Giornata del Plurilinguismo in Parlamento. L’obiettivo di questa giornata è promuovere lo scambio e la comprensione tra le diverse comunità linguistiche. Uno dei temi affrontati è stata la decisione dei cantoni di Zurigo e San Gallo di abolire l’insegnamento precoce del francese nella scuola primaria e di posticipare l’insegnamento della seconda lingua nazionale al livello secondario. Nella Svizzera romanda ciò ha suscitato grande indignazione e anche nel nostro cantone questa proposta lascia perplessi. Il Consiglio federale è intervenuto rapidamente, avviando l’elaborazione di direttive che obblighino i cantoni a continuare a insegnare una seconda lingua nazionale già a livello primario. La salvaguardia e la promozione delle lingue nazionali è una responsabilità condivisa tra Confederazione e cantoni.
Come rappresentante dell’unico cantone trilingue della Svizzera, sono abituata a difendere le mie posizioni a Berna non solo nella mia lingua madre, ma anche in tedesco o in francese. Fortunatamente, ho studiato le lingue a scuola e anche nel mio percorso professionale ho dovuto – o avuto il privilegio di – usare attivamente le altre lingue nazionali. Sempre più spesso, però, romandi e svizzero-tedeschi ricorrono all’inglese; questo indebolisce il panorama linguistico nazionale e, di conseguenza, la coesione del nostro Paese.
Non so se l’insegnamento precoce del francese da solo possa salvare la comunicazione tra le diverse regioni linguistiche, ma rinunciarvi invia un segnale completamente sbagliato. L’insegnamento di un’altra lingua nazionale non è un peso, ma un’opportunità per le giovani generazioni: insegna loro che la Svizzera non si limita a predicare la diversità, ma la vive concretamente. Solo chi comprende la lingua dell’altro può davvero riconoscere e condividere ciò che li unisce. La conoscenza delle lingue è una ricchezza inestimabile nella vita di ogni individuo.
La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale possono certamente offrirci un grande supporto nella traduzione in molte lingue, ma dove andremo a finire se non saremo più in grado di comprendere le persone che vivono nel nostro stesso Paese? Chi lavora in politica, nel mondo economico o nella società a contatto con partner di lingua diversa sa bene che la riunione ufficiale, la presentazione, il discorso o il documento rappresentano solo una parte della comprensione reciproca. Dopo il dibattito parlamentare, la conferenza o la trattativa, ci si incontra spesso anche in modo informale, scambiandosi informazioni che durante la parte ufficiale passano in secondo piano. Sono proprio queste conversazioni in ambito informale a trasformare gli sconosciuti in conoscenti o amici.
Una traduzione fatta da un computer difficilmente potrà sostituire tutto questo. L’insegnamento delle lingue a scuola getta le basi per comprendere le diverse regioni linguistiche del nostro Paese. Sta poi a ciascuno di noi mettere in pratica quanto appreso: soggiorni linguistici, viaggi o semestri di studio in altre regioni linguistiche permettono di approfondire le conoscenze e di trasformare la lingua straniera in una lingua amica. Si dice che la conoscenza delle lingue apra porte; indebolire l’insegnamento linguistico a scuola equivale a chiudere proprio quelle porte nel nostro Paese che invece dobbiamo tenere sempre aperte. L’abolizione dell’insegnamento precoce di un’altra lingua nazionale ci conduce su una strada pericolosa.