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Affinché dietro i dati non si celi l’ignoranza

16 novembre 2016 Nessun commento

//riceviamo e pubblichiamo\\
Votazione sull’iniziativa „Per un abbandono pianificato del nucleare“.
La presa di posizione di Andrea Del Bondio, Borgonovo.

Nell’articolo Votazione del 27 novembre 2016 a firma di Gian Luca Giovanoli i dati non mancano. Ma a che cosa serve affermare: «L’incidente alla centrale nucleare di Fukushima ha causato ZERO vittime. […] L’incidente alla diga dell’impianto idroelettrico del Vajont nel 1963 ha causato il decesso di ben 1910 persone»? Il paragone tende a minimizzare il danno delle radiazioni radioattive. Non basta sopravvivere; bisogna anche poter vivere. L’incidente ad una centrale nucleare richiede l’evacuazione del territorio nel raggio di circa 50 km, vale a dire circa 7’500 km². Chi dovrebbe, secondo l’UDC, ospitare le migliaia di persone che vivono in un tale territorio, densamente popolato quale l’Altipiano svizzero?

Ma lasciamo da parte il discorso sugli incidenti, anche se si possono sempre verificare: per esempio fino a qualche anno fa non era contemplato il caso di un aereo che si abbattesse su di una centrale. Consideriamo invece il funzionamento regolare di un reattore nucleare. La fissione di un atomo di uranio (che non viene «spaccato» a picconate, come sembra intendere dal testo citato) non libera soltanto due elementi diversi, ma pure dei neutroni radioattivi che riproducono a catena il processo, come avviene nello scoppio della bomba atomica. Nell’uso pacifico questa reazione viene frenata, ma restano i neutroni quali scorie radioattive. Tali scorie non sono eliminabili e si calcola che la loro radioattività si mantenga per millenni.

Con quale esito? La radioattività agisce sui geni cellulari (DNA), causando delle MUTAZIONI. Queste sono ereditarie: non colpiscono soltanto le persone che le subiscono, ma pure le generazioni future. Ecco perché dopo l’esplosione della bomba atomica a Hiroshima sono nati in Giappone più generazioni con salute precaria, storpi e handicappati vari.

Non occorre un incidente ad una centrale: basterebbe la fuoriuscita di materiale radioattivo da un deposito di scorie per provocare la catastrofe. Come si neutralizzano queste scorie? Stoccandole in un discarica sotterranea che dovrebbe restare impermeabile. Ma come garantirne la tenuta, quando una debole scossa sismica basta a sbrecciare una montagna? E chi è disposto ad ospitare una tale discarica? Non certamente i mesolcinesi che si sono battuti per impedirne l’ubicazione al Pian San Giacomo.

Con la produzione di energia nucleare non si mette in pericolo soltanto la nostra vita, bensì anche quella delle generazioni future. E chi ha il coraggio di crescere figli destinati a vivere sopra una «polveriera»?

Probabilmente molti non ci pensano, perché considerano la Terra roba loro. Ma, dopo quello che non è più che un attimo nelle ere geologiche, ognuno di terra non avrà che quel tanto che coprirà il «suo» scheletro o le «sue» ceneri. Il pianeta Terra non ci appartiene, siamo noi che gli apparteniamo.

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