I film all’epoca di Giacometti
//comunicato stampa\\
Film muti in bianco e nero con accompagnamento musicale dal vivo. I film all’epoca di Giacometti: tre serate in altrettanti villaggi della Bregaglia dedicate alle opere cinematografiche (surrealiste e non solo) realizzate negli anni ’20 nel contesto culturale frequentato da Alberto.
Alberto Giacometti, in una intervista, dichiarò che nel 1945, uscendo dal cinema, si era reso conto che tra il finzione scenica e la realtà non c’era discontinuità, che la realtà rappresentata e quella vissuta avevano ormai finito, ai suoi occhi, per essere la stessa unica faccia di una percezione per la quale non restava spazio alcuno per lo stupore.
Giacometti, quindi, frequentava il cinema, probabilmente già da tempo: almeno da quando, un paio di decenni prima, aveva finito con l’avvicinarsi e poi con l’integrarsi al gruppo dei Surrealisti.
Che cosa vedeva al cinema Alberto? Non possiamo naturalmente saperlo, né esiste alcun misterioso quaderno sul quale il caotico e allo stesso tempo meticoloso Giacometti registrava le sue uscite, ma si possono fare delle supposizioni.
In gran parte, ad esempio, si sarà trattato di film muti, tra i quali i suoi amici surrealisti hanno avuto senza dubbio un ruolo importante.
La rassegna I film all’epoca di Giacometti, che fa parte del programma cornice della mostra Alberto Giacometti. A casa rappresenta il tentativo di offrire delle suggestioni, ricostruire delle atmosfere di quel che poteva essere il cinema a Parigi in quegli anni. Abbiamo scelto un’ambientazione all’aperto e la musica dal vivo, in collaborazione con l’Institute for incoherent cinematography per creare un’esperienza unica e viva in contrasto con l’ambiente raccolto e quieto della Bregaglia.
Si comincia, la prima sera a Stampa (Coltura) alle 21.00 con due lavori di Germaine Dulac.
La regista, al secolo Germaine Saisset-Schneider, è stata una pioniera del cinema femminile, avanguardista, impressionista e surrealista. Uno dei suoi lavori che vedremo, Le coquille et le clergyman del 1928 é a volte considerato il primo film surrealista in assoluto, precedendo lo stesso Chien Andalou del connubio Buñuel-Dalì dell’anno successivo, o per lo meno cotribuendo a costruirne le premesse fondanti. Altri hanno accostato l’opera all’espressionismo tedesco. Sempre della Saisset-Schneider affronteremo il breve Themes et variations, nel quale la figura di una danzatrice viene accostata a immagini naturali e a meccanismi industriali. Una danza, appunto, muta.
A dar voce alle danze e anche al primo film vi sarà dal vivo un trio composto da Saadet Türköz, Martin Schütz e Paul Lovens, rispettivamente a voce, violoncello e percussioni. La Türköz, di origine turco-cosacca, é specializzata in improvvisazioni vocali anche di stampo jazzistico, mentre Schütz, svizzero, dopo un passato classicista si é convertito alla versione elettrica ed elettronica dell’uso del violoncello. Lovens, infine, è un importante batterista jazz tedesco.
La seconda sera, a Castasegna, di fronte all’edificio ex scolastico, sarà la volta di un amico di Alberto Giacometti, che si spinse persino a ritrarne il cane: Man Ray, pittore, fotografo e regista americano, del quale verranno proiettati tre brevi film. Il primo, Emak Bakia, del 1926, precede l’ondata del cinema surrealista e significa, in basco Far pace. Numerosi i motivi di interessi del breve film, scon una piccola interessante curiosità. Tra gli oggetti mostrati, infatti, vi sono anche delle sculture di Pablo Picasso.
Il secondo breve film di Man Ray prescelto, L’étoile de Mer, del 1928, gioca invece con rimandi continui tra la stella marina, rappresentata anche nella scena centrale del film e incarnante una bellezza ideale e geometrica e una protagonista femminile. Non si riesce mai con certezza a indovinare quanto accade, il desiderio di conoscere e di vedere dello spettatore é destinato a rimanere insoddisfatto appieno: del resto, il contenuto con scene di nudo era decisamente audace per l’epoca.
Ultima pellicola della serata di Bondo è un classico del cinema surrealista, Les Mystères du Château de Dé, nel quale una coppia di viaggiatori viene ritratta in un viaggio verso la villa dei Noaille a Hyeres, trovandola inspiegabilmente vuota. Quel che é interessante é che i viaggiatori compiono le proprie azioni gettando un dado e decidendo in base al risultato cosa fare e dove andare. Protagonista del film lo stesso Man Ray, insieme a Jacques-Andre Boiffard, altro amico di Giacometti, che ritrasse in alcune fotografie.
L’accompagnamento della serata sarà una versione arricchita di quello della prima: si aggiungeranno infatti Hans Koch, Florian Stoffner e Lionel Friedli, al clarinetto basso, sax soprano e chitarra. Koch, originario di Biel, ha alle spalle una imponente discografia e un curriculum di polistrumentista, mentre Flo Stoffner, dopo essersi dedicato al jazz è oggi soprattutto un improvvisatore di musica contemporanea. Friedli, infine, è soprattutto un percussionista, vincitore nel 2015 di un premio per la musica jazz della Fondazione Suisa.
Per l’ultima sera, a Bondo, nella piazzetta, i film, tutti molto brevi eppure significativi, sono addirittura quattro. Si riparte con Man Ray, del quale proponiamo un ultimo titolo, della durata di soli tre minuti, Le retour à la raison. In questo cortometraggio, realizzato dal regista nel 1923, vediamo chiodi e oggetti di uso comune e il corpo nudo di Alice Prin, conosciuta come Kiki de Montparnasse, una delle muse del surrealismo che ebbe con Man Ray una storia durata sei anni. La stessa Kiki appare anche nel secondo film della serata, Ballet Mécanique, del 1924, di Fernand Léger e Dudley Murphy. Lo sforzo congiunto di Léger, pittore ben conosciuto a Giacometti, sul quale esercitò una certa influenza cubista, e Murphy, regista, produsse, in maniera non del tutto sorprendente, il più famoso film cubista. La suggestione proviene dagli studi sui movimenti meccanici effettuati da Léger nel periodo post bellico e l’esito è il susseguirsi della stessa inquadratura in molteplici modalità e visioni, con effetti illusionistici.
Terza proposta è The Love of Zero, prodotto negli Stati Uniti nel 1927 da Robert Florey. Nella pellicola, il trombonista Zero si innamora della avvenente Beatrix, nasce così una relazione che è però destinata a incontrare ben presto una minaccia: una lettera giunge a richiamare la bella Beatrix al Palazzo del Gran Vizir di Kabul. Avanguardistico, impressionistico e cubista, il film si fece notare anche per gli effetti speciali, particolarmente all’avanguardia per l’epoca. A chiudere il ciclo sarà un altro film di Florey, girato con Slavko Vorkapich, The life and death of 9413, a Hollywood extra. Il tema è di estremo interesse: il desiderio di un attore di diventare una star di Hollywood. Ispirata all’esperienza dello stesso Florey e alla di poco antecedente Rapsodia in blu di Gerschwin, la trama vede poi il protagonista (Mr. Jones) disumanizzarsi diventando un semplice numero apposto sulla fronte, 9413, appunto, utilizzato dai vari registi secondo le proprie necessità. 9413 finisce in un meccanismo perverso che dopo averlo spremuto lo getta ai margini di Hollywood. Il film fu realizzato da un ancora poverissimo Florey in cooperazione con Vorkapich, che non solo mise la propria abilità di pittore e la propria visione cinematografica, ma anche la propria macchina da presa, visto che il regista di origine francese non ne possedeva una. La pellicola, costata 97 dollari (pari a nemmeno 1.500 dollari attuali) ebbe un clamoroso successo di critica e contribuì a lanciare la carriera di Florey verso i traguardi successivi.
L’accompagnamento musicale sarà del trio Elgar costituito da Hans Koch Florian Stoffner e Lionel Friedli.
Il biglietto per ciascuna delle serate avrà un costo di 10.- CHF.
In caso di pioggia, una o più serate si terranno all’interno della palestra / sala polifunzionale di Bondo.
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