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Intervista al maestro Ugo

8 agosto 2013 Nessun commento

Riproponiamo qui l’intervista a Ugo Maurizio, pubblicata recentemente dal settimanale Il Grigione Italiano. Il maestro è arrivato al pensionamento.

Ha insegnato per quarant’anni in Bregaglia, lasciando la sua impronta di maestro in generazioni di bregagliotti e bregagliotte. Ora va in pensione dalla scuola, ma non certo dalla vita pubblica, essendo infatti un municipale del Comune. Nonché appassionato cacciatore.

Come si può riassumere la tua carriera di maestro?

Ho insegnato in Bregaglia per quarant’anni: due anni alle elementari di Vicosoprano e trentotto alla scuola di avviamento pratico e scuola secondaria del Circolo della Bregaglia – oggi del Comune di Bregaglia. La prima classe di secondaria, che erano due sezioni, si trovava a Stampa, mentre l’ottava e la nona classe si trovavano a Vicosoprano. Gli insegnanti dovevano continuamente spostarsi fra le due sedi, durante la pausa, a mezzogiorno… Era stato un compromesso dopo l’unione del 1971 – se non mi sbaglio – delle tre scuole secondarie di Bondo, Stampa e Vicosoprano.

Com’eri da giovane maestro?

Sono arrivato qui alla scuola secondaria nel 1975 che avevo già famiglia, perché avevo studiato e insegnato – in parte – a Schlieren a scolari che provenivano dalla Sicilia e dall’Italia del sud, per due anni a tempo parziale durante gli studi. È stata un’esperienza veramente molto bella. Poi ho insegnato qui, ero un insegnante giovane e più severo che negli ultimi anni: sono partito abbastanza deciso.

Chi ricordi fra gli scolari dei primi tempi?

Ma… non vorrei far nomi, anche perché in parte adesso sono genitori dei miei ultimi scolari! Ho avuto dei ragazzi veramente fantastici dal punto di vista scolastico, altri molto simpatici. Dove ho avuto però più difficoltà a intervenire e cercare di essere oggettivo era con i primini. Mi ricordo un ragazzino in prima classe che faceva ben poco, ma era veramente molto simpatico.

Hai sempre insegnato matematica?

Ho insegnato diverse materie, perché dovevo adattarmi, ma in particolare la mia materia di insegnamento è stata la matematica. L’ho sempre insegnata volentieri. In realtà ero partito con l’idea di non rimanere per sempre insegnante, ma poi sono rimasto fedele a questo mestiere proprio perché mi piaceva lavorare coi ragazzi. Ho avuto più difficoltà con le istituzioni, che a volte creano problemi agli insegnanti, al punto che ti fanno passare un po’ la voglia di far scuola.

Cosa avresti fatto, se non l’insegnante? Qual era la tua ambizione?

Ho iniziato con biologia e matematica all’università e ho fatto gli studi con chi studiava biologia fino circa alla metà degli studi. Se avessi avuto la possibilità di continuare, avrei fatto genetica e allora probabilmente sarei entrato nel mondo della ricerca o del lavoro. Però devo dire che sono contento di aver fatto l’insegnante, perché a questo livello si può ritornare in valle e questo per me è sempre stato molto importante.

Quindi sei stato un insegnante in tutto e per tutto.

Ho fatto volentieri l’insegnante, però accanto ho fatto molte altre cose. Mi sono sempre impegnato nella cosa pubblica. E credo che sia un bene, perché un insegnante è sempre solo con i ragazzi ed è lui che ne sa più. Per questo motivo fa bene entrare in un gruppo con adulti, dove a volte si deve anche subire, perché si è confrontati con altre persone adulte. Penso che gli insegnanti dovrebbero avere anche in futuro queste opportunità.

Tu hai anche insegnato caccia.

Sì, ho fatto l’istruttore per i futuri cacciatori…

No, no… intendo dire che tu insegnavi caccia a scuola!

Sì, si parlava… però a volte si esagerava… «Il maestro Ugo parla solo di caccia». Non è vero. Dopo aver fatto il nostro compito, alle volte si parlava anche di caccia. E perché no?

Devo dire che questo della caccia era uno degli aspetti molto simpatici del maestro Ugo e cioè che lui ogni tanto lasciasse perdere la materia ufficiale per fare delle digressioni, per prendersi il tempo di raccontare degli aneddoti ai ragazzi e metterli a parte delle sue avventure e disavventure nel bosco.

Posso raccontare questo esempio. Avevo ucciso per errore una cerva allattante e il giorno dopo uno scolaro, uno sveglio, è arrivato alla lezione di matematica con un secchiello del latte. Per provocare il maestro! L’entusiasmo della classe è stato molto grande e abbiamo riso assieme.

E io credo che questo sia un aspetto molto apprezzato dai ragazzi e dalle ragazze e cioè che il maestro non sia una macchina di insegnamento, ma che sappia instaurare un rapporto su diversi piani.

È davvero molto importante. Specialmente per un insegnante di matematica. C’è il momento che si lavora seriamente, ma c’è il momento che si ride e che bisogna avere anche umorismo. Dicevamo della caccia, ma ci sono anche altre cose, degli errori che ho fatto, degli sbagli… tutto quello che succede nella vita di tutti i giorni. Anche come autista, quando arrivavo con la macchina e vedevano che avevo sbagliato qualcosa, gli scolari erano i primi a ridere e in questi casi l’insegnante deve anche saper incassare e ridere con loro. Io ho fatto molte battute con gli scolari e gli scolari le hanno fatte con me. Sempre in certi limiti, senz’altro. Ma se l’insegnante non ha paura degli scolari, questo atteggiamento non è un problema e questo piace ai ragazzi specialmente in quell’età dai 12 ai 16 anni.

Non sempre si tratta di ridere e scherzare, però.

Ho avuto per esempio un allievo molto intelligente, non facile, che mi contraddiceva su tutte le cose, ogni volta che uscivo dalla materia scolastica, quando si parlava del fumo, dell’alcool, della droga, dell’andare via, dell’andare in città… E poi a diciotto anni mi ha scritto una lettera chiedendomi dei consigli, perché si trovava in una situazione veramente brutta. E mi ricordo che per prima cosa gli ho detto che doveva andare a parlare con i suoi genitori. E per me è stata una sorpresa perché non mi aspettavo che un adolescente con quel temperamento, che credeva di sapere tutto, poi venisse a chiedermi aiuto. Mi ha fatto piacere, ma sono rimasto anche un po’ sorpreso. In ogni caso quell’adolescente aveva grossi problemi che poi per fortuna sono stati risolti.

La figura del maestro sta pian piano scomparendo, sembra, almeno qui nelle scuole di Bregaglia.

Quando ho iniziato eravamo quattro maestri e una maestra e ho terminato quest’anno si può dire con quasi solo insegnanti donne. È stato un ambiente completamente differente. Devo dire che andava bene, sono insegnanti molto preparate, però dovrebbe essere più misto, perché i ragazzi hanno anche bisogno di avere la figura dell’uomo nella scuola. E questo si dovrebbe cercare, se possibile, di mantenere. Mi ricordo per esempio che una volta un ragazzo è salito sul tetto della scuola per prendere il pallone e c’era una insegnante che ha subito pensato che poteva succedere una disgrazia. Per me invece è una cosa normale, nel senso che quelle cose le abbiamo fatte anche noi da ragazzi.

Sono tante le cose che il maestro Ugo potrebbe ancora dire.

Mi piacerebbe scrivere un libretto sulla scuola. Chissà, forse un giorno lo farò veramente.

(Intervista di Silvia Rutigliano)

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