Alberto e Diego, una coppia
La scrittrice in persona, Claude Delay, ha presentato il contenuto del suo libro sui due fratelli Giacometti, che lei conobbe a Parigi.
Pubblicato in francese nel 2007, ora tradotto anche in tedesco, il libro è stato presentato venerdì scorso, in un’affollata stüa della Ciäsa Granda, nell’ambito del Festival dell’arte.
Claude Delay ha incantato il pubblico con i suoi racconti su Alberto e Diego Giacometti, che lei conobbe personalmente a Parigi, e sui quali ha scritto il libro Giacometti, Alberto e Diego, l’histoire cachée, tradotto in tedesco Alberto und Diego Giacometti – Die verborgene Geschichte.
Psicanalista e scrittrice, è nata nel 1934 a Neully-sur-Seine, presso Parigi. Ha pubblicato diversi romanzi e biografie, fra cui quella della stilista Coco Chanel.
Ascolta dalla viva voce della scrittrice alcune sue osservazioni sui fratelli Giacometti e sul ruolo della madre Annetta (in francese – traduzione scritta).
«Alberto e Diego Giacometti sono una coppia. Una coppia che è cominciata nell’infanzia – Alberto è nato nel 1901, Diego nel 1902. Ma soprattuto perché Annetta, la loro madre, che era la madre-montagna, che era una donna straordinaria, ha deciso, per proteggere Alberto che era perso, da solo a Parigi e sempre molto ansioso, nervoso e vulnerabile, di inviare Diego. E così ha segnato il loro destino, perché non si sono più separati fino alla morte.
«In quel famoso atélier di via Hippolyte-Maindron, Diego lavorava tutti i giorni per suo fratello, il quale rientrava la notte dai suoi vagabondaggi notturni e disegnava sul tavolo, il loro tavolo coperto di polvere, “domani fai questo” e Diego eseguiva. È stato veramente il guardiano, nel senso greco del termine, di suo fratello.
«E poi ha sviluppato la sua propria opera. E questo è molto bello. Quando Alberto era morto e io andavo all’atélier a trovare Diego, mi ricordo quelle meraviglie che stava preparando per il Museo Picasso. Lui mi disse: “Alberto è stato la chance della mia vita”. Ed era diventato lui stesso Alberto, in questo senso che ricominciava, che non era mai soddisfatto. Io dicevo: “Ma che meraviglie che hai fatto!”. “Tu credi?” mi diceva lui, con la sua voce sostenuta, senza crederci».
Sul Festival dell’arte ascolta anche il Foglio Volante della Rete Due
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