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A scuola oltre confine. Il punto di vista degli insegnanti

31 gennaio 2013 Nessun commento

Il progetto di collaborazione transfrontaliera presentato dal Consiglio scolastico è stato bocciato dall’assemblea comunale, ma restano gli interrogativi sulle motivazioni che hanno spinto tanti cittadini a votare contro. Ne discutiamo anche con la presidente della Conferenza magistrale.

Lo stesso presidente del Consiglio scolastico, Antonio Walther, appena terminata l’assemblea che gli aveva affossato il progetto, aveva dichiarato: «È stato un voto contro la mia persona, in particolare perché mando i miei figli a studiare in Engadina anziché a Stampa». In parte è vero. «A scuola oltre confine» prevedeva che alcuni ragazzi e ragazze di Villa di Chiavenna, dopo le scuole medie, frequentassero in Svizzera gli ultimi due anni per concludere l’obbligo scolastico. La loro presenza avrebbe incrementato il numero degli allievi alla scuola Sec/SAP (secondaria e di avviamento pratico), garantendo il mantenimento del «modello C», quello che fornisce l’insegnamento suddiviso in livelli. Ma in effetti, il numero di italiani previsto – alcune unità – corrisponde al numero di ragazzi svizzeri che dopo le primarie frequentano la preliceale in Engadina, anziché la Sec/SAP a Stampa, e non sono soltanto i figli di Antonio Walther.

Un’altra ragione del voto negativo è stato il difetto di informazione. A grandi linee il progetto è stato spiegato, ed era chiaro, ma appena si entrava nei dettagli cominciava ad essere vago. Questo è emerso dai diversi interventi in assemblea, domande che non hanno ricevuto risposte soddisfacenti. Inoltre, fra l’assemblea informativa e quella decisionale è stata preparata una nuova documentazione, a disposizione della popolazione. Come è noto, spesso i cittadini non si prendono la briga di recarsi al Comune o di cercare in internet, e allora, dato che si sapeva che il progetto era avversato da molti, perché in assemblea non sono stati presentati questi documenti? Avrebbero reso il progetto più chiaro e più convincente.

Anche la comunicazione non è stata buona. Si è parlato di salvare la scuola di Villa di Chiavenna, è stato detto che tanto per la scuola dell’infanzia non cambia nulla perché già oggi chi vuole andarci ci va, che se non si realizza questo progetto si rischia di perdere il modello C… Un modo di comunicare che non andava direttamente alla sostanza, in cui qualcuno ha percepito anche un certo atteggiamento ricattatorio.

Infine, era diffusa fra la popolazione una certa preoccupazione per l’inserimento dei ragazzi italiani nel nostro sistema scolastico. Si voleva sentire qualcosa sulla progettazione didattica, su come si intendeva praticamente accogliere e integrare questi nuovi scolari e su quali fossero i punti critici. Nelle discussioni si citava in particolare lo studio della lingua tedesca, ma in generale si sentiva il bisogno di sapere come la scuola di Stampa si era preparata o si sarebbe preparata a questa nuova situazione. Nessuna risposta.

Partiamo proprio da questo punto per intervistare Daniela Rota, presidente della Conferenza magistrale di Bregaglia. Come pensavate di accogliere i nuovi arrivati dalla vicina Italia?
A noi insegnanti non è stato chiesto di preparare un programma didattico. Abbiamo indicato gli obiettivi per le lingue tedesca e inglese, come sono nei nostri programmi scolastici, e avremmo fatto la valutazione degli scolari italiani come facciamo anche per i nostri, quando li suddividiamo in livelli.

Il tedesco è stato un tema dominante nelle discussioni.
Non è detto che le conoscenze linguistiche degli scolari che arrivano dall’Italia siano molto inferiori a quelle dei nostri alunni, comunque sarebbero stati inseriti adeguatamente nel rispettivo  livello. Oltretutto essi avrebbero potuto sicuramente dare un contributo positivo per quanto riguarda la lingua italiana.

Voi insegnanti siete stati coinvolti nella preparazione del progetto?
Solo parzialmente, e solo per fissare le condizioni di ammissione. Più che altro si sono incontrate le autorità. Non sono state messe a confronto le due situazioni. Non hanno chiesto agli insegnanti di incontrarsi e di confrontarsi. Noi sappiamo poco della scuola di Villa. Alla tavola rotonda informativa di novembre, da parte del pubblico è stato chiesto a noi insegnanti cosa pensavamo del progetto, ma pure noi eravamo lì per ricevere ulteriori informazioni!
La sera dell’assemblea deliberativa mi hanno invitata ad andare al tavolo della presidenza, ma lì mi sono rifiutata, perché non ci avevano coinvolti fino allora.

La presa di posizione della Conferenza magistrale, che hai letto in assemblea, era piuttosto scarna.
Per noi era importante la questione pedagogica, cioè non è solo questione di numeri, ma di risorse. Dal nostro punto di vista ogni nuovo allievo o allieva è portatore di risorse umane, anche se dovesse avere delle difficoltà. Ogni incontro, ogni scambio porta a uno sviluppo, a un cambiamento. Il nostro lavoro qui come insegnanti è che i nostri ragazzi possano integrarsi nel mondo. E allora con 2-3 compagni provenienti da fuori sarebbe stata un’occasione in più di socialità e di scambio. Comunque, a proposito del testo portato in assemblea, bisogna considerare che alla Conferenza magistrale partecipano gli insegnanti di tutti i gradi di scuole, quindi non è un gruppo omogeneo.

Come hai preso la decisione dell’assemblea?
Sinceramente, ho avuto l’impressione che la posizione della Conferenza magistrale non sia stata molto considerata. E mi aspettavo anche che alcuni colleghi si esprimessero pubblicamente a favore del progetto. Però non sono rimasta sorpresa del risultato.

Perché?
Perché nel progetto è stata inclusa la scuola dell’infanzia – che è poi diventata un gran punto critico – mentre il progetto vero e proprio era quello della scuola secondaria e di avviamento pratico. Inoltre, non sono rimasta sorpresa perché la gente non era stata ben informata e quindi molti erano gli indecisi. Quando sei indeciso, o non partecipi o voti contro. E così ritengo che se ci fosse stata una maggiore partecipazione all’assemblea, avremmo avuto ancora più voti contrari.

Altre considerazioni e azioni future?
Nel concetto e programma di attuazione si parlava del mantenimento del modello C. Per noi determinante è l’interesse degli scolari e non il mantenimento dei posti di lavoro.
Inoltre, a proposito di scambi, io credo che sia interessante per la popolazione scolastica dei Grigioni l’Istituto alberghiero di Chiavenna e chissà che forse un giorno sarà pure interessante per i nostri allievi uscenti poter frequentare le scuole italiane?
Per quanto riguarda i prossimi passi, se si vorrà portar avanti il discorso, il progetto dovrà esser rivisto e riformulato.

(Pubblicato anche su Il Grigione Italiano)

Silvia Rutigliano

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