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“Laboratorio Italiano”

6 novembre 2024

TargiaLaboratorio Italiano”, programma di formazione continua per traduttori editoriali promosso dalla Casa dei Traduttori Looren, a Castasegna dal 29 ottobre al 5 novembre, ha proposto due incontri con il pubblico. Il primo in collaborazione con la Fondazione Garbald, e un altro in collaborazione con la Pgi Bregaglia nello studio fotografico a Soglio.

Giovanna Targia, traduttrice, filosofa e storica dell’arte, ha offerto al pubblico della serata tenutasi il primo novembre a Villa Garbald un filo di Arianna per esplorare un metaforico labirinto degli intraducibili, in una danza di parole, di meta-discorsi circolari tenuti saldamente assieme dalla studiosa. Nella piccola stanza del Roccolo si è intrapreso un viaggio che spaziava dall’antropologia alla linguistica, dall’arte alla filosofia, dall’estetica alla storia alla scoperta dell’intraducibile, partendo dalle immagini associate all’idea di traduzione.

Si procede per scarti, per esclusione, come quando ci si trova di fronte a scogli da superare; compito della traduzione forse non è tanto quello di trovare dei corrispettivi per delle parole intraducibili quanto quello di attraversarle e affrontarle, proprio come in un labirinto si segue una strada per poi scoprire che è chiusa, ma intanto quella strada la si è percorsa. La grande difficoltà di chi traduce è mettere in comunicazione linguaggi diversi, fatti di parole, ma anche di immagini; è il caso per esempio del meticciato artistico: un fenomeno difficilmente definibile perché originato dalla sovrapposizione di culture molto dissimili. Qui i confini non devono spaventarci perché “l’unica prigione è quella le cui mura non si vedono” sostiene il filosofo Huxley. Non esiste lingua che non sia in costante mutamento, frutto di influenze e varianti; probabilmente la cultura deve molto anche a serie di errori di interpretazione. Tra questi, il Mosè di Michelangelo a San Pietro in Vincoli a Roma, rappresentato con due corna anziché con raggi di luce divina, in corrispondenza con la traduzione scelta da Girolamo tra il IV e il V secolo d.C.

Certe traduzioni non sono possibili perché sono intraducibili i contesti, i significati, o perché troppo tempo è passato tra la creazione e il tentativo di traduzione. Non resta dunque che avventurarsi nei meandri degli intraducibili, accogliendoli e rendendoli parte del nostro discorso come forestierismi acquisiti, come oggetti d’arte o come chiavi per aprire mondi di parole in viaggio nel tempo e nello spazio.

Per raccontare questo viaggio, Giovanna Targia prende le mosse da un disegno di Edward Burne-Jones, pittore dell’Ottocento che trae spunto dal poema “The Legend of Good Women” di Geoffrey Chaucer per rappresentare la storia di Teseo e del Minotauro discostandosi dalle versioni greche del mito e riproponendolo in una delle sue tante “traduzioni”.

Gli intraducibili non vivono nel vuoto e i traduttori non traducono nel vuoto. La traduzione implica una presenza attiva e visibile e lascia dietro di sé un nuovo punto di vista che a sua volta potrà creare o spostare confini aprendo nuovi spazi di coesistenza, salvaguardando la differenza e la pluralità culturale e linguistica. Con buona pace di chi vorrebbe ricondurre tutte le lingue al Globish o global English, buono piuttosto per i tecnocrati.

Giovanna_Targia

Donatella Rivoir

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