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“Cavie online”

8 agosto 2024

ZanolariIntervista di Giuseppe Russomanno a Livio Zanolari. Dalla redazione de Il Moesano.

Signor Zanolari, lei ha pubblicato quest’anno per la casa editrice Salvioni il suo secondo libro di aforismi dal titolo, che ci mette sull’attenti: “Cavie online”. Chi sono le cavie?
Siamo tutti noi. Siamo tutti cavie online, quando ci accostiamo al mondo digitale. Lo siamo poiché con le mani sulla tastiera e gli occhi puntati sullo schermo entriamo in una sfera di dialogo virtuale. Riceviamo tanto. Tante informazioni, tanti messaggi, ma anche tanti stimoli non chiesti, di ogni genere. E inoltre, le informazioni che noi diamo, il più delle volte come richiesta o domanda, vengono captate e elaborate dalla tecnologia.

In un aforisma lei ha scritto che nel ruolo di cavie online siamo tutti solo un numero, a prova di esperimento. Non è un po’ eccessivo relegarci tutti a cavia?
No, al contrario. Perché nel ruolo di cavia digitale, l’uomo non mette a disposizione il proprio corpo, ma molto di più, se stesso.

Tuttavia lo sviluppo tecnologico, che da tempo è sfociato nell’intelligenza artificiale (IA) e ChatGPT, apre opzioni straordinarie di lavoro e di sviluppo.
È verissimo. Sono spesso spettatore di conferenze e discussioni sull’IA, organizzate con grande dinamismo e competenza da GRDigital. Per il mondo imprenditoriale di ogni tipo l’IA rivela potenzialità di sviluppo inimmaginabili fino a poco tempo fa. Io stesso confido molto nelle nuove opportunità produttive e di sviluppo, ma serpeggiano anche evidenti incertezze e altrettanti pericoli; specie nell’educazione, nel giornalismo, nella comunicazione, insomma negli ambiti che sono stati il mio mondo professionale.

Cominciamo dall’educazione.
Sappiamo che i giovanissimi (non solo loro!) si lasciano attrarre dalle sottili forme d’intrattenimento della realtà multischermo in cui vivono. L’offerta online esaudisce facilmente i desideri dei bambini. Ma troppo spesso si tratta solo dell’offerta di valori effimeri, di informazioni di fonte algoritmica e figurativa con contenuti molto leggeri, per non dire insignificanti. I giovani utenti si identificano a livello emotivo e intanto corrono gravi rischi. Ecco, al di là delle evidenti potenzialità occorre parlare anche delle insidie.

Quali rischi corrono i giovanissimi?
Bruciano inutilmente una parte della loro energia psicofisica davanti allo schermo. Quell’energia tanto preziosa e forse insostituibile per la crescita e la formazione. Questi stimoli incalzanti penetrano senza filtri efficaci la loro sfera cognitiva e riducono il livello di concentrazione e probabilmente assottigliano le prestazioni nell’apprendimento. A mio avviso proprio i nativi digitali sono di fronte all’insidia di essere resi potenziali destinatari di una miriade di prodotti, di messaggi subliminali o delle tesi più svariate, comprese quelle pericolose.

Si direbbe che è molto pessimista.
Questo è lo scenario se si parla di potenziali pericoli. Ma ci sono anche buoni motivi per essere ottimisti. Dipende molto dal ruolo educativo dei genitori e degli educatori. C’è bisogno, in questo mondo saturo di informazioni e di stimoli, che l’intelletto sia creativo e nel contempo critico e selettivo. Se riusciamo, assieme ai giovanissimi, a mantenere vivo un dialogo costruttivo e soprattutto critico a fronte della realtà digitale, si aprono sicuramente prospettive. Sintetizzo questa riflessione con un aforisma; “L’IA è utile, se stimola la mente ad attivare il navigatore che è sempre in noi.”

Già nella sua prima pubblicazione dal titolo “Schiavitù moderne” (Salvioni 2022) ha scritto sulla copertina un aforisma che evidenzia il problema di fondo del mondo virtuale: “La nostra libertà virtuale è schiacciata da un telecomando”.
Nei miei aforismi lascio parlare il presente, immerso come non mai nel mondo virtuale. Un mondo che ci intriga per le molte opzioni che consentono di vivere il senso di libertà. Nel contempo ci accorgiamo che proprio quel senso di libertà ci avvicina subdolamente a nuove forme di schiavitù.

In poche parole sostiene che il telecomando ci rende schiavi.
Potrebbe darsi, se lo usiamo in modo poco consapevole, senza pensare a quanto vogliamo vedere e soprattutto percepire.

Un altro Suo aforisma recita: “La televisione è un’attrazione che distrae.” È una critica alla televisione?
La televisione è uno strumento straordinario, che per inciso, io amo perdutamente. Offre opzioni preziose se la usiamo in modo mirato, quando lo vogliamo noi e quando riusciamo ad evitare tra l’altro lo zapping, da un messaggio interrotto a un brevissimo flash, da uno slogan a una mezza frase.

Quali conseguenze comporta lo zapping?
Avviene una riduzione del processo cognitivo e della disponibilità a dare un contorno ai contenuti. È un pericolo latente specie per gli utenti più piccoli. Ad ogni istante si affaccia una nuova realtà, virtuale ben intesa. Ci si trova di fronte a una situazione contrastante, che può essere riassunta anch’essa con un aforisma: “L’esaltazione emotiva dell’immediato aumenta il ritmo respiratorio, ma cancella il respiro del tempo.”

Oltre all’educazione ci sono altri ambiti che stanno subendo trasformazioni epocali: la comunicazione e il giornalismo.
L’irruzione dell’IA stravolge i criteri della comunicazione e l’interpretazione stessa del giornalismo. Le molteplici modalità interattive e selettive creano nuove forme comunitarie a livello tecnico, scientifico, sociale, economico, culturale, comunicativo, ricreativo, dove ognuno ha la possibilità e soprattutto la libertà di essere autore di informazioni e non solo consumatore attivo o passivo.

Senza essere giornalisti.
È così. Ognuno può improvvisarsi reporter o blogger, corrispondente o creator, influencer o commentatore, agente della propaganda o divulgatore, opinionista o semplice esperto. Sempre più si servono di queste forme dirette della comunicazione anche gli esponenti della politica e delle istituzioni.

E questo che cosa cambia per le redazioni?
Le redazioni sono confrontate con un crescente flusso di informazioni, da leggere, selezionare, verificare e infine elaborare. Inoltre subisce uno scossone il ruolo classico della redazione.

Uno scossone?
Sì. Prima dell’avvento della digitalizzazione le tappe della comunicazione riservavano alle redazioni il compito e il privilegio di ordinare le singole informazioni, di calibrarne l’importanza e infine di pubblicarle. Oggi, le nuove modalità del comunicare invertono questa sequenza. L’informazione spicciola è immediata anticipa il lavoro di selezione delle redazioni. Spesso i destinatari delle notizie e delle opinioni, specie in seno alle loro forme di community, sono contemporaneamente sia gli informatori, sia gli utenti della miriade di informazioni e disinformazioni che si rincorrono e si moltiplicano in rete.

Si può dedurre da queste considerazioni che il compito del giornalista venga sminuito?
No, assolutamente. Sostengo la tesi che a fronte di questa evoluzione dirompente nel campo dell’informazione, in cui si assiste a un eccesso di automazione, di fake news, di messaggi fuorvianti e manipolati, sia ancora più necessario l’apporto della o del GIORNALISTA. È un apporto insostituibile, poiché l’evoluzione viaggia a grande velocità. “L’era delle piattaforme social avanza incontrastata, con fragili codici di divulgazione, e senza chiedere niente a nessuno.”

L’apporto dei giornalisti è ancora più importante, ho capito bene?
Sì. Perché rispetto ai tempi che hanno preceduto la digitalizzazione, è più impegnativo e difficile verificare le fonti del numero crescente delle notizie e della loro importanza, reale o ingigantita o svilita. Oltre alle classiche informazioni da fonti autorevoli (comunicati, studi, rapporti, riviste specializzate) e da altre fonti aperte (Web, blog, ecc.) si aggiungono ora le informazioni delle nostre interazioni nell’ambito dei contatti online. Ormai, conviviamo con la cosiddetta sindrome della connessione permanente, coltiviamo un rapporto sempre più disinvolto con la tecnologia generativa, sappiamo che ChatGPT è già molto utilizzato.

Abbiamo quindi bisogno di difenderci dall’invasione dell’IA generativa. Basta il giornalismo per difenderci?
Il giornalismo gioca un ruolo centrale, specie in un ambito di fondamentale importanza per chi consulta la stampa; cioè, la necessità di poter contare su informazioni vere, confermate, attendibili, calibrate. Il lettore ha bisogno di un prodotto giornalistico credibile e fondato sui principi dell’etica. E sarà disposto a pagare l’abbonamento del rispettivo medium solo se l’informazione non lascia dubbi sulle fonti.

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